
Sono ormai vent’anni, giorno più giorno meno, almeno qualora si volesse prendere in considerazione come punto di partenza la prima vendemmia, risalente al 2003: già in tal senso i conti potrebbero allora tornare, per Mila Vuolo e la sua azienda, dato che in quell’anno si era partiti con l’aglianico, a cui l’anno successivo avrebbe fatto seguito il fiano.
A dirla tutta le vigne risalgono al 2001, come fisiologicamente prevedibile, con un ettaro diviso tra fiano e cabernet e due ettari di aglianico. Un esordio fra l’altro legato ad un’annata siccitosissima, come tutti ricorderanno, condotto dall’enologo Guido Busatto: all’epoca, d’altronde, dettavano il verbo vini corposi ed energici come il Montevetrano, citando un validissimo esempio per rimanere in terra campana.
La qualità, in ogni caso, è il dato certo che costituisce l’elemento ricorrente di questa cantina, da cui per inciso anche un olio sopraffino. L’aglianico costituisce sempre e comunque l’architrave aziendale, di recente declinato anche in una versione rosata, frutto dell’annata 2022, legata a una brevissima macerazione di circa tre ore nello stile tradizionale dato dall’utilizzo del torchio, con passaggio successivo in acciaio a temperatura controllata; i lieviti selezionati contribuiscono poi al risultato finale, anche se in presenza minore rispetto ad un tempo, per un bicchiere che vede al contempo freschezza e struttura, oltre ad un sorso pieno ma dinamico e succoso.
Molto divertente, a seguire, la suddivisione praticata fra i due Aglianico 2021 rossi, che inizialmente Mila avrebbe voluto definire il Classico e il Moderno: pur se entrambi frutto di una macerazione sulle bucce di cinque giorni, per il primo si è optato per la scelta dei grappoli più maturi ricavati dalla parte alta dei filari, destinando il resto della raccolta al fratello più immediato e leggibile, anch’esso di valore oggettivo.
Tutta la batteria, complessivamente, ha visto commercializzate nell’ultima annata circa 2.000 bottiglie di Rosato, quasi 5.000 di Moderno e ancora un paio di migliaia per il Classico. Da non dimenticare inoltre la produzione del Cabernet, chicca citata agli inizi, che nel 2021 non è stato prodotto ma di cui nel ’19, ’20 e 22 si era arrivati, alla fine della fiera, a toccare le 600 bottiglie: un’esiguità della produzione che dal 2023 ha portato Mila a non procedere più con il suo imbottigliamento, destinandolo ad un consumo familiare e di pochi amici eletti. Infine, ultimo ma non ultimo, quel piacevolissimo Fiano mediamente etichettato per un totale di circa 3.000 campioni, che però nel 2023 vedrà una sensibile riduzione della quantità.
Tutta la gamma vive all’interno della IGT Salerno, non appartenendo ad alcuna denominazione d’origine. Un contesto però ritenuto vocatissimo sin dagli Etruschi e che oggi brilla su una suggestiva collina terrazzata, fra l’altro non tutta dedicata alla viticoltura: infatti dagli anni Novanta alcuni appezzamenti di sangiovese, barbera e montepulciano erano stati man mano abbandonati, anche perché il vino sfuso stava iniziando a funzionare sempre meno. Va però riconosciuto che il contesto ortofrutticolo che oggi ha sostituito quei vigneti si è rivelato foriero di altrettanta qualità e coerenza, in piena sintonia con quanto costantemente realizzato dall’azienda nel corso di questi suoi primi vent’anni.