Abruzzo forte e gentile, tramandava ai posteri Primo Levi. Immagine intramontabile, allora come oggi, soprattutto una volta che vi sarete imbattuti in Federico Nardi: una vera “capa tosta” abruzzese, almeno quando tale definizione è intesa nel migliore dei modi.
Come altro potreste sintetizzare, altrimenti, un appassionato dedito a tutt’altro nella vita, ma che una volta giunto alla soglia del mezzo secolo d’età decide di divertirsi ancor di più iniziando a produrre vino fra mare ed entroterra, precisamente su quelle Colline Teramane la cui vocazione viticola è ormai acclarata da anni?
Vocato al montepulciano (a sua detta lo chardonnay dei rossi), si concede persino di realizzare, in piena zona DOCG, tutti vini da tavola, appunto per regalarsi la massima libertà di manovra (sempre a rigor di legge, ovviamente!); oltretutto, se volessimo arzigogolare da cultori enoici con la puzza sotto il naso, se ne esce con dodici etichette rappresentative di altrettanti diversi cru, come direbbero i cugini d’Oltralpe, per cui da ogni vigna un vino: tutto ‘sto casino, poi, per 5-6.000 bottiglie, frutto di un paio d’ettari distribuiti a 4-5 chilometri dal mare (mentre la cantina ha sede a Martinsicuro). Chissà se il buon Primo Levi, con l’attributo di “forte e gentile”, non volesse indicare zitto zitto un pazzo snaturato come il Nostro…
Prima vinificazione nel 2014, primo imbottigliamento non ufficiale l’anno dopo, quindi nel 2017 l’ingresso dalla porta principale dei produttori a tutto tondo: lavorando sin dagli inizi soltanto con lieviti indigeni, zolfo e pochissimo rame, e avvalendosi anche di alcuni specifici e costosi attivatori funginei per trarre il meglio dal vigneto, chiudendo poi il cerchio in cantina senza filtrare e chiarificare.
Interessante tutta la gamma McCalin (divertente e affettuosa storpiatura di Maccalin, il nomignolo con cui in paese veniva identificata la casata del nonno): piluccando qua e là risulta ad esempio degno di menzione il BiancoBop (il nome non fa nulla per nascondere la passione di Federico, per l’appunto, per la corrente jazz del bebop), che arriva da trebbiano, passerina e malvasia, così come la Kuvè Antica: quest’ultima, da trebbiano più un 20% di passerina, ricavata dalla vigna più vecchia risalente al 1957, sapida e gessosa.
Il Meneinfischio, invece, rosso da montepulciano, nasce come vino di beva, con un paio di giorni di macerazione dopo tempi di raccolta analoghi alle uve bianche: quindi fresco, morbido e di buona acidità.
A queste etichette (ognuna disegnata dal titolare, che si diletta anche con le arti visive) si aggiunge poi il RossoBop, sempre da montepulciano, e poi la Prsntosa (proprio così, non mancano consonanti): sinonimo locale di donna procace e avvenente, che in bottiglia cede il passo ad una malvasia in purezza, vinificata con metodo cosiddetto ancestrale.
C’è tutto un mondo, nella testa e nelle mani di quest’uomo forte, gentile e oltremodo garbato, simpatico e accogliente: chissà che Primo Levi non avesse avuto ragione, nel riassumere con tali parole l’Abruzzo e i suoi migliori abitanti…