Una bella storia di vino. Bella e vera. Vera come il vino che la attraversa, anzi la caratterizza: oltre che per il lavoro sapiente in vigna, per le scelte in cantina oculate, per la conoscenza dei legni migliori e per le esperienze acquisite e trasmesse di generazione in generazione. Ma vera, soprattutto, come gli uomini che ne sono stati e ne sono protagonisti, ancor oggi: a partire da Enrico Crognaletti, nonno dell’attuale titolare, che oltre a conoscere il verdicchio come pochi, da bravo bottaio selezionava le querce migliori ai fini delle sue vinificazioni. Poi del figlio Gino, invece operativo principalmente in vigna e con una vita cadenzata dal selezionare vecchi cloni di verdicchio, per l’appunto, i cui risultati organolettici si toccano da decenni con mano, o meglio con narici e papille. Oggi è il figlio di questi, Natalino, a guidare le redini aziendali insieme alla mamma, Vera Biondini: entrambi testimoni e simboli di una conduzione famigliare che ha visto il primo imbottigliamento importante nel 1995, e che continua ad operare manualmente e nel pieno rispetto dell’eco-sostenibilità ambientale, come dimostrano anche le scelte biologiche e biodinamiche messe in atto nel vigneto.
Siamo nell’Anconetano, prevalentemente in quel di Montecarotto ma con appendici viticole fino ad Ostra, Ostra Vetere e Corinaldo. Dell’amore per il verdicchio s’è detto, ma fra gli appezzamenti s’affacciano anche montepulciano, lacrima e sangiovese, con un’aggiunta di syrah di cui più avanti. I legni utilizzati sono in prevalenza grandi, ma non mancano evoluzioni in botti piccole per alcuni campioni aziendali, magari in composito assemblaggio fra gli uni e gli altri.
Una parentesi doverosa: in alcuni casi, le dinamiche professionali non possono non tener conto dello spessore umano e del rispetto reciproco che vengono sinergicamente a formarsi (e a rafforzarsi) anche nell’ambito di un rapporto inizialmente sviluppatosi per motivi di lavoro. È per questo che, a latere di ogni aspetto mercantile, pur significativo, fra noi di Stappo Distribuzione e Natalino si è generato un legame più che decennale, principalmente basato su valori d’amicizia: cosa non così difficile da capire, qualora vi capitasse anche una sola volta nella vita di venire a contatto col Nostro. È anche per questo motivo che Fattoria San Lorenzo si è affidata esclusivamente a noi per quanto concerne la distribuzione dei suoi prodotti su Roma e provincia.
Molte le etichette di livello, come accennavamo, però ricordarne specificamente qualcuna non sarà male, proprio a ribadire i concetti produttivi e qualitativi che muovono l’azienda. Fra le peculiarità l’uscita dei vini dal contesto delle Denominazioni d’Origine, voluta per rimarcare l’unicità dell’operato.
Partire dai bianchi è pressoché d’obbligo, da queste parti: e il Bianco “di Gino” è il viatico migliore, per rompere gli argini. Elevato in cemento sulle proprie fecce fini, dopo macerazione di circa un mese, presenta tutti i tratti distintivi dei migliori Verdicchio. Solido, teso e ampio, ma sempre serbevole.
“Le Oche” è un po’ il vessillo aziendale, con due mesi di macerazione, svolgimento della malolattica, dodici mesi in cemento sui lieviti e ulteriori sei mesi di bottiglia. Un vino esemplare, che una volta assaggiato non potrà non essere stappato con regolarità. Da segnalare, a tal uopo, la selezione delle Oche cosiddetta “Integrale”: un ritorno alle origini e un omaggio alla tradizione al contempo, per un vino che allunga i suoi tempi di macerazione e di sosta sui lieviti, vede una discreta parte di uve surmature e anche una leggera percentuale di passaggio in legno. Quest’ultimo arriva sul mercato soltanto in magnum: formato che il titolare tende a precisare di voler collocare quasi sempre in commercio perfettamente al doppio del prezzo della bottiglia da 0,75 litri, al contrario di coloro che propongono tale volume ad un costo più elevato.
Mai dimenticare poi, fra gli altri, il Rosato “di Vera”, da sangiovese, lacrima e montepulciano, nitida versione di una tipologia di vino spesso troppo sottovalutata, nonché il Rosso “Burello”, da montepulciano e sangiovese, di bella e buona presenza dopo i suoi diciotto mesi di affinamento in legno.
Discorso a parte per le due etichette denominate “Il San Lorenzo”, paradigmatiche della filosofia autenticamente lungimirante della dinastia Crognaletti: il Bianco arriva da vigne di verdicchio di sessant’anni di età, da cui si raccolgono soltanto uno o due grappoli, davvero i migliori. Non bastasse, il vino sosterà ben centoquaranta(!) mesi in acciaio e cemento sui propri lieviti, prima di un’ulteriore sosta in bottiglia; tant’è che l’annata 2013 uscirà in commercio non prima del 2026. Condizione pressoché analoga per il Rosso, da un antico clone di Syraz, così lo definisce Natalino, raccolto da un appezzamento di poco più di ottocento piante, che vede diciotto mesi in legno e dieci anni fra acciaio e cemento, anche questi prima di un anno di bottiglia.
Un mélange straordinario, per Fattoria San Lorenzo: la natura, l’uomo, le mani, il cuore, la testa… per una cantina e dei vini impossibili da non amare.